Per i professionisti soggetti a responsabilità extracontrattuale la polizza principe è relativa alla rivalsa per colpa grave. Per questa tipologia di polizza il diritto di rivalsa “può essere esercitato nei confronti dell’assicurato qualora l’esercente la professione sanitaria non abbia regolarmente assolto l’obbligo formativo e di aggiornamento” previsto per l’ECM nel triennio precedente la data del fatto generatore di responsabilità. Un tassello fondamentale – ad oggi mancante – della legge sulla responsabilità professionale del personale sanitario, la 24/17 c.d. Gelli, è il decreto sulla determinazione dei “ requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private e per gli esercenti le professioni sanitarie” che doveva essere emanato dal Ministero dello sviluppo economico, con il concerto del Ministero della salute, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (quindi entro il 31 agosto 2017).
Ricordiamo che la legge 24 prevede all’articolo 10 l’obbligo di assicurazione per tre distinte tipologie di copertura assicurativa obbligatoria:
a) obbligo per le strutture sanitarie e sociosanitarie di essere previsti di copertura assicurativa o di analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi per danni cagionati dal personale sanitario a “qualunque titolo operante presso le strutture”, ivi compresa la libera professione intramuraria;
b) l’obbligo di assicurazione per gli esercenti le professioni sanitarie operanti in regime libero professionale e quindi con responsabilità contrattuale verso il paziente;
c) l’obbligo di assicurazione per gli esercenti le professioni sanitarie operanti a qualunque titolo presso strutture sanitarie e socio sanitarie pubbliche e private per la c.d. rivalsa o responsabilità amministrativa che scatta in caso di eventi commessi con colpa grave.
Lo schema di decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero della salute
E’ stato fatto circolare lo schema di decreto contenente le misure minime di garanzia delle polizze assicurative che è suddiviso in tre distinti titoli contenenti rispettivamente le “disposizioni generali”, i “requisiti minimi ed uniformi per l’idoneità dei contratti di assicurazione” e i “requisiti minimi di garanzia e condizioni di operatività delle misure analoghe” (es. autoritenzione).
Lo schema di decreto è corredato, all’articolo 1 di una serie di definizioni che opportunamente fanno immediata chiarezza e si pongono come una sorta di glossario guida.
Non sempre però le definizioni riescono a essere esaustive. Ci riferiamo a quella relativa all’esercente la professione sanitaria. Come è noto la legge Gelli ha sempre rappresentato le professioni sanitarie nella sua interezza senza distinzione alcuna: per capirsi non compare mai il termine medico. Per esercente la professione sanitaria si intendono tutte le professioni sanitarie che oggi, sostanzialmente, si formano all’interno di quella che un tempo veniva chiamata facoltà di medicina. Stiamo parlando di un insieme complessivo attuale di ventiquattro professioni. Secondo il glossario del decreto per esercente una professione sanitaria si intende “il professionista che, in forza di un titolo abilitante, svolge attività negli ambiti delle rispettive competenze di prevenzione, diagnosi, cura assistenza e riabilitazione”. La definizione è riduttiva e contrastante non solo con la legge 24 ma con lo stesso decreto che negli articoli successivi estende le coperture assicurative anche alle attività di “formazione, aggiornamento, sperimentazione e ricerca clinica”.
Per quanto riguarda l’oggetto della garanzia assicurativa non si ravvisano novità di sorta sull’oggetto dell’assicurazione: le polizze coprono di danni patrimoniali e non patrimoniali per eventi causati da morte, lesioni e distruzioni e deterioramento di beni cagionati a terzi con dolo o colpa grave. Inoltre si coprono i danni dovuti a responsabilità extracontrattuale – una delle novità della legge Gelli – per gli esercenti le professioni sanitarie operanti, a qualunque titolo nella struttura.
Per le stesse professioni, con polizze stipulate a spese proprie, viene coperta la c.d. rivalsa o responsabilità amministrativa.
Per i liberi professionisti che assumono invece una responsabilità contrattuale l’assicurazione la copertura è ovviamente riferita ai danni cagionati colposamente a terzi.
Si prevede la possibilità, del tutto già operante, per i professionisti, di aderire a “convenzioni o a polizze collettive per il tramite delle rappresentanze istituzionali delle professioni sanitarie”. A una lettura più attenta, in realtà, la formulazione – rappresentanze istituzionali – sembra riferirsi agli ordini professionali escludendo quindi le rappresentanze sindacali. Questa sarebbe una vera e impattante novità visto che pressoché tutte le organizzazioni sindacali offrono oggi copertura assicurativa ai propri iscritti e che, secondo una interpretazione letterale del decreto, non potrebbero più offrire.
I massimali di garanzia variano in relazione alla pericolosità dell’attività – “classi di rischio” – posta in essere e sono compresi in un range da uno a quattro milioni di euro di copertura minima sia per le strutture che per i liberi professionisti che assumono responsabilità contrattuale, mentre sono limitati alla rivalsa del triplo della retribuzione lorda per i professionisti dipendenti.
La polizza viene stipulata nella ormai classica formula “claims made” con un periodo di retroattività e ultrattività decennale e senza disdetta.
Del tutto positiva anche la previsione della copertura per l’intero importo di danno in caso di responsabilità solidale.
Il terzo titolo del decreto affronta i requisiti delle “misure analoghe” di assicurazione.
La mancata copertura in caso di inadempimento agli obblighi di Educazione continua in medicina (ECM)
Un novità rilevante è costituita invece dalle conseguenze, per i professionisti e anche per le aziende, dell’inadempimento degli obblighi ECM. Per i professionisti soggetti a responsabilità extracontrattuale – sostanzialmente, ma non soltanto, i dipendenti del Servizio sanitario nazionale e delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private – la polizza principe è relativa alla rivalsa per colpa grave. Per questa tipologia di polizza il diritto di rivalsa “può essere esercitato nei confronti dell’assicurato qualora l’esercente la professione sanitaria non abbia regolarmente assolto l’obbligo formativo e di aggiornamento” previsto per l’ECM nel triennio precedente la data del fatto generatore di responsabilità.
Per le strutture e liberi professionisti invece il mancato raggiungimento dei crediti ECM viene in gioco alla scadenza contrattuale che dovrà prevedere la variazione in aumento o in diminuzione in relazione a tre criteri:
a) al verificarsi di sinistri durante la vigenza contrattuale;
b) alla valutazione della sinistrosità specifica tenuto dei dati soggetti a pubblicazione dalla stessa legge;
c) dall’assolvimento dell’obbligo formativo e di aggiornamento ECM.
Per i professionisti dipendenti e convenzionati, quindi, è in pericolo la copertura della rivalsa, mentre per le aziende e i liberi professionisti il rischio è l’aumento del premio assicurativo.
E’ la prima volta che un provvedimento normativo – fatta salva la normativa settoriale sui medici competenti – prevede un qualche provvedimento sanzionatorio sul mancato assolvimento dei crediti ECM. L’obbligo della formazione continua in medicina è vigente da circa venti anni e non ha mai previsto sanzioni legislative, contrattuali e deontologiche.
E’ curioso che questa sanzionabilità – nella forma della mancata copertura assicurativa – avvenga in un decreto sulle assicurazioni e non in atti normativi e deontologici più inerenti l’esercizio professionale.
Il professionista non in regola, comunque, potrà continuare a esercitare, ma si troverà “scoperto” in caso di un sinistro per colpa a lui addebitata. La mancata copertura è relativa alla rivalsa per colpa grave. In caso di attività libero professionale esercitata contrattualmente la copertura viene garantita salvo poi, alla scadenza annuale, vedere aumentato in aumento il premio, così come per le strutture.
Si inserisce quindi una maggiore conseguenza per i professionisti dipendenti e convenzionati e minore per i liberi professionisti al fine di garantire comunque il risarcimento dei danni alla persona danneggiata.
L’obbligo ECM rimane, quindi, un classico obbligo all’italiana privo di una vera sanzionabilità generale.
Una via di uscita potrebbero essere i codici deontologici in quanto in seguito alla previsione del DL 138/2011 all’articolo 3, comma 4, si prevedeva che fosse dichiarato come illecito disciplinare il mancato raggiungimento dei crediti ECM. Si sono adeguati solo gli ordini non sanitari – architetti, avvocati, ecc. – non anche gli ordini sanitari, o quanto meno con formulazioni che non ne fanno prevedere un obbligo cogente. Lo testimonia la recente notizia della conferma della sanzione a un odontoiatra per il mancato assolvimento degli obblighi formativi presentato come “il primo caso in Italia”.
Fermo restando l’opportunità di un sistema sanzionatorio – legislativo, contrattuale o deontologico – la norma contenuta nello schema di decreto rischia di essere iniqua in quanto da un lato fissa i requisiti per l’assicurazione, dall’altro ne limita la copertura retrodatando l’assolvimento degli obblighi al triennio precedente, quando l’obbligo Come è noto l’assolvimento dei crediti ECM non è elevato e subordinare l’operatività della polizza – ancorché per la sola rivalsa per colpa grave – a un deficit formativo che non è più possibile colmare diventa un problema per decine di migliaia di professionisti (medici, infermieri, professioni sanitarie della riabilitazione, tecniche e della prevenzione).
Serve una norma intertemporale che permetta al sistema di partire senza penalizzare un passato non sanabile. Le norme transitorie contenute nell’articolo 16 rischiano comunque di non essere sufficienti in quanto, se è pur vero che ci sono dodici mesi di tempo per adeguare le attuali polizze – che non prevedono l’obbligo dei crediti ECM, è altresì vero che la formulazione prevista – il triennio precedente del fatto generatore di responsabilità – rischia di essere interpretato retrodatando l’assolvimento dei crediti ECM non al triennio ma ai trienni precedenti. (Fonte: Luca Benci – Giurista – quotidianosanita)
Lo schema di decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero della salute